Recensione – Intervista col Vampiro

Ok, ok: dovevo andare in vacanza e avevo bisogno di un libro da ombrellone – fidatevi, ho letto l’Ulisse di Joyce al mare e non è stata per niente una buona idea. Mi serviva una lettura leggera, tranquilla, che non mi impegnasse più di tanto la mente. Qualcosa di veloce.

Quando mi sono ricordata di avere questo libro fra gli scaffali, ho sinceramente provato una punta di vergogna. Sono sempre stata una che apprezza i fantasy solo se iniziano con “Il Signore degli” e finiscono con “Anelli”, e non mi sono mai fidata dei romanzi gotici.
Lo so, chiudersi completamente ad un genere non è mai una mossa saggia. Dopotutto ho letto tranquillamente Frankenstein, Dr Jackill e Mr Hide; eppure, quando si iniziano ad accostare i vampiri, sento che c’è qualcosa che non va. Mi chiudo in me stessa, mi isolo in un angolino e aspetto che appaia un Montale selvatico per provare a catturarlo.

Così però non può andare. Mi sono fatta forza e mi sono detta: diamo una possibilità a questo genere che sottovaluto così tanto senza apparente ragione. Diamogli una possibilità, anche perché in fondo il film non faceva così tanto cagare.
E quindi ho iniziato Anne Rice, e ne sono rimasta piacevolmente colpita.

 

Che cosa è?

Temi: questo è un libro sui vampiri. L’ho già detto, ma ci tengo a mettere le cose in chiaro. Ce ne sono davvero pochi, di libri sui vampiri – e per vampiri intendo vampiri veri, non cose luccicanti e/o teenager con problemi di cuore (che non siano “non ho abbastanza sangue nelle coronarie”, s’intende). Per vampiri intendo ciò che intendeva Ortolani:

vampiri

I Signori della Notte, con vestiti dandy, i capelli lucenti e un po’ effemminati. Quando leggiamo di vampiri, vogliamo fascino, riccanza, classe.

Genere: non so, tutti i romanzi di vampiri che ho letto io (cioè, Dracula e questo) non parlano di quello che io chiamo “il dramma di Lady Hawke”, cioè “oddio io vivo di notte e lei di giorno, come faremo ad incontrarci”: parlano di cose molto, molto più profonde. Questo è, a tutti gli effetti, un romanzo gotico che si rispetti.

In molti hanno confuso in “romanticismo” del romanzo gotico con le storie d’amore: ecco, non c’entra niente. L’amore è una cosa, il romanticismo è ben altro. Ripassiamo tutti la letteratura prima di scrivere, please.
Anne Rice sa bene quello di cui deve parlare, e lo fa con una capacità magistrale. Esplora l’inconscio di quella che è una creatura immaginaria come se stesse psicanalizzando un paziente con cui ha appena parlato. Riesce ad immedesimarsi così bene nelle sue creazioni da anticiparne i problemi e le difficoltà – badate bene: una cosa del genere l’ho letta solo in Asimov e nel Sommo Herbert. Non è per niente cosa da tutti.

Pubblico: finalmente, un libro che mi sento di consigliare un po’ a tutti – ovviamente, non a chi spera in uno spinoff di Edward e Bella.
Mi sento un po’ ritardata a tirare fuori l’argomento Twilight, giusto perché ormai è pure passato di moda: ma provate a capirmi, ho avuto bisogno del mio tempo di recupero per riavvicinarmi ai vampiri da quando quel libro è diventato di dominio pubblico. E’ come quando ti piace il rap, lo adori, fai sentire ai tuoi amici gli artisti stranieri che ti gasano un casino e poi, in Italia, scoppia il boom di Fedez che ti infanga il genere. Stessa cosa.

Avvertimenti: Attenzione! Questo è un libro sui vampiri.
Attenzione: questo non è il solito libro sui vampiri.

 

Le questioni pratiche – ovvero: le domande scomode

Livello di impegno: ★★☆☆☆. E’ quello che io chiamo “libro da ombrellone”: tranquillo, veloce, scorrevole. I colpi di scena ci sono, ma la narrazione è calma, morbida, dolce. Ti culla e ti accompagna. L’espediente di raccontare tramite flashback la storia passata dona di base un senso di tranquillità, che è adiuvato anche dall’indole del narratore, Louis, sempre riflessivo e pacifico.
Ciò che lo differenzia da un libro noioso, però, sono le tematiche affrontate, profonde e non scontate.

Tempo: ★☆☆☆☆. Tempo di lettura: circa due giorni. Molto semplice e coinvolgente.

Difficoltà del linguaggio: ★☆☆☆☆. Semplice anch’esso. Frasi brevi, poche descrizioni; il narratore deve raccontare la sua vita, e quindi non ama perdersi in dettagli futili. Dimenticatevi i particolari maniacali di Dracula di Bram Stoker: qui si viaggia leggeri.

Divertimento: ★☆☆☆☆. No, beh, adesso: semplice quanto volete, scorrevole, calmo; ma che nessuno dica che è un libro divertente. Non c’è un solo momento – uno solo – in cui il protagonista, Louis, parli di un suo sorriso. Mai. Da quando è diventato un vampiro, data che per lui coincide con la sua morte, non ha più avuto un attimo di felicità, serenità o gioia.

Ansia e disagio: ★★★★★. Forse sarà un richiamo particolare, forse mi attrarranno in qualche modo, ma alla fine leggo sempre libri che hanno un considerevole livello di disagio. E, se devo essere sincera, forse alla fine mi piacciono proprio per questo.
Ciò che più mi è piaciuto di questo libro è che parla di uno dei problemi che nessuno prima d’ora si era mai posto: perché esistono i vampiri? Da che cosa sono nati? Cosa provano?
Non è facile trovare delle narrazioni che stiano dalla parte dei carnefici, e non delle vittime. I disagi, le ansie, le domande che si pongono sono proprio uguali a quelle dei mortali.

Difetti: ★★☆☆☆. Non. Finisce.
Devo smetterla di comprare libri che fanno parte di collane. Non ne posso più.

 

Le emozioni che trasmette

Un personaggio fico: Louis, senza ombra di dubbio. Louis è un vampiro, ma solo nell’aspetto: dentro di sé sente ancora la fede, le pulsioni e gli istinti di un normale essere umano. Louis è un essere in eterno conflitto: deve uccidere per sopravvivere, ma i delitti lo riempiono d’orrore; è credente, ma la sua stessa esistenza sembra la prova della non esistenza di Dio; odia i vampiri, sebbene sia costretto a vivere con i suoi simili per non impazzire; ama gli esseri umani, ma loro lo temono e tentano di scacciarlo. Louis compie un viaggio, anzi, molti viaggi durante la sua non-vita per cercare di trovare se stesso; ciò che troverà alla fine sarà l’ennesima delusione, sia per lui che per noi. La sua vita alla ricerca di se stesso non è poi così dissimile dalla nostra, e forse la sua trasformazione in un vampiro l’ha reso ancora più umano di quanto non fosse prima.

Personaggi da odiare: in realtà, non mi sento di odiare nessuno. All’inizio non sopportavo quel pallone gonfieto di Lestat: un giovane borioso e viziato, pieno di niente, un antipatico parassita. Tuttavia, con l’evoluzione di Louis, si assiste anche ad una diversa presa di coscienza degli altri personaggi; nessuno nasce malvagio, e forse ciò di cui tutti abbiamo bisogno è solo un po’ di amore e comprensione.

Colore: il blu scuro dei broccati preziosi e il verde tenue della luce della luna fra gli alberi.

Canzone: qualche aria suonata con un clavicembalo dalla sorella di Louis, una sera, con le finestre aperte sulla veranda.

Rumore: Lo sfrecciare delle carrozze sull’acciottolato delle strade, la risata cristallina di una bambina che ha appena trovato qualcuno con chi giocare.

Odore: il profumo della cipria, le fragranze costose delle botteghe di città.

Sensazione: un’arietta fresca, che fa presagire la notte imminente. La calma compatta di una città che non si aspetta di essere svegliata da un vampiro a caccia.

Sapore: ovviamente, il sapore metallico del sangue.

Citazione: Tu non conosci la tua natura di vampiro. Sei come un uomo adulto che, ripensando alla sua infanzia, s’accorge di non averla mai apprezzata. Ma non puoi, da uomo, tornare ai tuoi balocchi, solo perché adesso hai capito quanto valgono. Stanotte uccidi una donna bella e piena di vita. Sarai saziato, Louis, com’è destino che tu sia, e quando sarà finita, ti tornerà fame ancora: il rosso che c’è in questo bicchiere sarà altrettanto rosso.

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