Pizzata trash: Turbo Kid

Una sera, il mio ragazzo ed io ci stavamo chiedendo quali fossero le origini della cultura moderna, ossia: cosa – o chi – ha ispirato ciò che vediamo adesso? Cosa ha dato inizio alla vita, all’universo e a tutto quanto?
Chiaramente stavamo prendendo egoisticamente in considerazione solo le cose che piacciono a noi: non ci chiedevamo certo l’origine di Barbie Magico Trucco o di Fabio Volo – quello proprio non solleticava il nostro interesse in quella buia sera di alcool e sushi. No, noi parlavamo di cose come Matrix (ok, quella ha origine in Platone ed è una cosa un po’ a parte), Ken il Guerriero, Borderlands, Star Wars, la fantascienza in generale, il postapocalittico, il futuro distopico… Cose che chiaramente non possono essere attribuite alla Vecchia Trinità – che, per vostra informazione, è Leonardo – Michelangelo – Raffaello. Consci di questo impellente bisogno, da “il Re è morto – evviva il Re”, abbiamo creato una nuova Triade:

Dune, Mad Max, 1984.

Queste tre opere sono un po’ come la Santissima Trinità: Dune è il Padre, Mad Max il Figlio e 1984 lo Spirito Santo.
Ecco, dopo questo piccolo sprazzo di pesante blasfemia, se avrete ancora voglia di leggere vi volevo raccontare di Turbo Kid.

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Turbo Kid è un film canado-francese del 2015.
E’ una di quelle opere che discendono chiaramente da Mad Max, cioè il postapocalittico da disastro ambientale che, in questo caso, è dovuto dalle piogge acide. In soldoni, zero tecnologia, ritorno alle origini ed ai pezzi di ricambio.
Fra tutti i tipi di universo distopico, forse è quello che mi piace di più; il mio ragazzo ed io avevamo fatto pure un cosplay di Mad Max, ma giusto per il divertimento di raccattare scarti di officina per creare armature e cose molto fiche. Era, dopotutto, il gioco preferito di quando eravamo bambini, noi figli di collezionisti seriali con la sindrome dell’accumulo.
Insomma, Turbo Kid sembrerebbe a tutti gli effetti non solo il discendente, ma quasi la copia, soprattutto come trama, del film di Miller: un cattivone monopolizza l’acqua, i buoni vogliono riprenderla, e c’è un eroe solitario e molto sfortunato che quasi si ammazza per difendere la comunità.
Ma allora, direte voi, che lo guardiamo a fare se c’è già qualcosa di uguale e molto, molto superiore?
Ecco, di seguito vi elencherò i motivi per cui dovete assolutamente guardarlo, stronzi.

 

IL BUDGET

Il problema di Turbo Kid è il budget. E non sto parlando del budget in comparazione con Mad Max – Fury Road, un film che ha Megan Gale come comparsa e la figlia di Lenny Kravitz come caricafucile, no: un budget bassissimo in generale.
E forse questa è stata la sua fortuna, perché è proprio questa poveranza che avanza a renderlo incredibilmente epico.
Le automobili modificate? Troppo care. Avete idea di quanto costi la benzina adesso? No, no: molto meglio far girare la gente in bicicletta.
I cattivoni, gli eroi, TUTTI girano con delle biciclette. Magari con sidecar.

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E per le armi? Che ne dite di un fucile a canne mozze infilato nello stivale? Il cecchino che Furiosa riesce a reggere con una mano?
Eh certo, e chi siamo, la NATO?! Ma soprattutto, in un periodo di disastro nucleare chi diavolo fabbrica le munizioni?
Le armi da fuoco sono sorpassate. Si dia inizio al ritorno delle armi bianche, quali coltelli, martelli rotanti e GnomoBastoni.

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GnomoBastoni.

 

I PERSONAGGI

Provate a pensare ad una cosa: siete nel garage della vostra casa con un bel po’ di telecamere professionali e volete provare a girare un film. Cosa, assolutamente, non può mancare?
L’ingrediente numero uno della ricetta sono sicuramente gli zombie, per due motivi: uno, rendono fichi ed epici i protagonisti – o almeno, i protagonosti si sentono fichi ed epici quando tentano (a volte invano) di ammazzarli. Due, gli zombie hanno l’innato potere di far passare in secondo piano la totale incapacità recitativa dei protagonisti, sia perché sono meno espressivi di loro – seppur di poco, a volte – sia perché lo spettatore tende a concentrarsi sulla battaglia più che sulle battute.

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Ogni riferimento a film realmente esistenti è puramente casuale.

Dunque, in questo film non ci sono zombie. Perché?
Di sicuro non perché i registi non volessero, tutti vogliono gli zombie. Non ci sono semplicemente perché non ce n’era bisogno.
Gli attori sono davvero, davvero, davvero bravissimi. La loro capacità recitativa è talmente elevata per un film di serie B che non si ha la minima voglia di venire disturbati da dei mostriciattoli che arrancano. Vogliamo guardarli sempre.

Turbo Kid è il protagonista, un ragazzino che si sente sempre un po’ fuori luogo, appassionato di fumetti, colleziona action figures e spaventato a morte dalle ragazze – un classico nerd, insomma. E’ seguito da Apple, un robot che una volta ha pulito le giunture con la noradrenalina e da quel momento non si è più ripresa. Ama il rosa e l’azzurro, non in quest’ordine, e gli unicorni.

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Frederic, invece, è una fusione fra Max Rockatansky e Walker Texas Ranger.
Inoltre, nello schieramento dei cattivi non mancano il brutto un po’ deforme, il cattivo con la maschera, i pazzoidi e la tipa cazzuta con la cresta che farebbe invidia pure a Tina Turner in cotta di maglia.

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La loro epicità e la loro violenza sono condite da quel pizzico di nonsense – nel caso di Apple – e di comicità velata – nel caso di Frederic – che rendono ancora più godibile il tutto alleggerendo l’atmosfera.

 

LO SPLATTER

In realtà c’è anche un altro motivo per cui registi e sceneggiatori tendono ad inglobare gli zombie nei loro film, ed è che quei simpatici non morti rendono etico e moralmente accettabile il nostro bisogno di violenza.
Oh, qui non ce n’è assolutamente bisogno.
Le leggi del buon gusto? Stronzate sorpassate. Qui è lo splatter che regna sovrano.
Amputazioni con seghe circolari, martellate, trituratutto NicerDicerPlus, arrotolabudella, incornate di unicorno: tutto è possibile e tutto viene fatto vedere. Godi del macello, spettatore, che è talmente splatter da essere delizioso.

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Nessuno viene risparmiato da questo vero e proprio bagno di sangue, nemmeno il primo bacio fra i protagonisti.

 

LA CULTURA POP

Non è facile aggiungere la cultura pop ad una ricetta ed evitare che l’intero piatto sappia solo di quello. Prendiamo come esempio Pixels, una cavolata senza trama che reggeva solo grazie ai riferimenti ai videogames. Prendiamo Ready Player One, che per quanto sia bello e godibile, senza il gioco del “contiamo quanti videogames riconosciamo durante il film” farebbe fatica a tenere incollato lo spettatore.
Eppure, è bastato un cuoco di serie B per rendere questo possibile.
Non che i riferimenti alla cultura pop siano velati qui, anzi, si sprecano già a partire dalla copertina.
Le macchine fotografiche souvenir, i fumetti stile Marvel, i braccialetti rigidi a schiocco, le biciclette modificabili… Anche l’indicatore di salute di Apple e l’arma di Turbo Kid sono deliziosamente retrò.

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Eppure, tutte queste chicche non fanno altro che rendere il tutto più appetitoso, senza guastarne la vera natura – ossia, il postapocalittico. Un po’ come Fallout con gli anni ’50, insomma.

 

LA FOTOGRAFIA E GLI EFFETTI SPECIALI

Questo film è una caramella per gli occhi. I colori improbabili e sgargianti che cozzano con la desolazione generale, le armature dei cattivi un po’ football e un po’ punk, le armi improbabilmente geniali e, soprattutto, gli effetti speciali lasciano lo spettatore completamente senza parole.
Come è possibile che un B movie sia fatto così bene? Qual è il vostro segreto? Perché siete così bravi?

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Vi lascio con queste domande in sospeso: guardatelo anche voi, e rispondetemi, se ne sarete capaci. Intanto vi sarete goduti un’ottima chicca.

 

PIZZA CONSIGLIATA

Una pizza dai gusti improbabili, che dal principio vi fa storcere il naso, ma una volta assaggiatala vi lascia senza parole.
Una pera e gorgo, ad esempio.

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